Locazione e mancanza del certificato di abitabilità

Cass. Civ. Ord. 13-06-2018, n. 15378

Il rapporto di locazione si instaura validamente nonostante la mancanza del certificato di abitabilità se vi è stata la concreta utilizzazione dell’immobile da parte del conduttore. Il criterio rilevante non è dunque la mancanza della certificazione, ma l’assoluta inidoneità del bene locato a poterla ottenere.

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1427, 1375, 1575 e 1578 c.c., art. 115 c.p.c., nonchè carente e contraddittoria motivazione. Osserva il ricorrente che la locatrice, essendo al corrente della mancanza del certificato di abitabilità, ha indotto in errore il conduttore facendogli concludere il contratto sulla base del falso presupposto che l’immobile fosse in regola dal punto di vista della licenza di abitabilità e che è stata la medesima locatrice ad ammettere l’originaria inesistenza del certificato in discorso depositandone in giudizio uno datato 2 marzo 2007 (di epoca successiva quindi alla restituzione dell’immobile). Aggiunge che il giudice di appello ha rigettato l’eccezione di annullabilità del contratto per vizio del consenso senza motivazione e senza svolgere alcuna attività ermeneutica in ordine all’essenzialità e riconoscibilità dell’errore. Osserva inoltre che il contratto è nullo per illiceità dell’oggetto e/o per consegna di aliud pro alio e che non rispondeva a verità che il D.P. non avesse proposto domanda di risoluzione come dimostrato dal contenuto della memoria ai sensi dell’art. 426 c.p.c.. Conclude nel senso che l’utilizzo del bene privo del certificato di abitabilità costituisce abuso della proprietà trattandosi della certificazione attestante che non sussistono rischi per la salute pubblica e l’incolumità delle persone e che mancando tale certificazione il conduttore non aveva potuto accedere al finanziamento pubblico ai sensi della L. n. 266 del 1997, nè aveva potuto concedere in affitto la propria azienda.

Il motivo è infondato. La ratio decidendi, mediante cui sono stati disattesi i motivi di appello relativi alla nullità ed annullabilità del contratto per vizio del consenso, è nel senso che il rapporto di locazione si instaura validamente nonostante la mancanza del certificato di abitabilità ove, come nel caso di specie, vi sia stata la concreta utilizzazione dell’immobile da parte del conduttore, il quale prima dell’intimazione di sfratto per morosità non aveva mai chiesto la risoluzione del contratto (diversamente dal motivo di censura il giudice di merito non ha negato che nel presente giudizio sia stata proposta domanda di risoluzione; ha invece affermato che una simile domanda non era stata proposta prima del giudizio introdotto dalla locatrice). Tale ratio è conforme all’evoluzione della giurisprudenza di questa Corte, la quale non solo ha conferito rilevanza ai fini della valida costituzione del rapporto alla concreta utilizzazione dell’immobile (Cass. 25 maggio 2010, n. 12708), ma ha anche ritenuto sussistente l’inadempimento del locatore, a parte l’ipotesi dell’obbligo contrattualmente assunto di richiedere la certificazione relativa all’abitabilità, nel solo caso in cui le carenze intrinseche o le caratteristiche proprie del bene locato ostino al rilascio della predetta certificazione e all’esercizio dell’attività del conduttore in conformità all’uso pattuito, restando escluso il detto inadempimento allorchè il conduttore abbia conosciuta e consapevolmente accettata l’assoluta impossibilità di ottenere la certificazione in discorso (Cass. 26 luglio 2016, n. 15377; 16 giugno 2014, n. 13651). Il criterio rilevante sulla base dell’evoluzione della giurisprudenza è dunque non la mancanza della certificazione ma l’assoluta inidoneità del bene locato a poterla ottenere. Ed invero la circostanza dell’inidoneità dell’immobile ai fini del conseguimento dell’abitabilità rileva ai fini non del consenso negoziale e della relativa patologia (determinando l’ipotesi dell’errore) ma dell’adempimento delle obbligazioni del locatore riconducibili all’art. 1575 c.c., n. 2 (mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto).

Si deve distinguere fra l’errore sulla qualità ai sensi dell’art. 1429 c.c., n. 2, ed il vizio della cosa locata ai sensi dell’art. 1578 c.c.. Non c’è l’errore sulla qualità, che rende essenziale l’errore (art. 1429 c.c., n. 2), perchè il problema non è di mancanza in astratto delle qualità dell’oggetto del contratto rispetto a quelle rappresentate, ma è di assenza di una determinata qualità che l’oggetto, per la sua destinazione economi a dovrebbe avere e di cui nel concreto difetta.

L’immobile visto il profilo urbanistico edilizio – deve essere idoneo al conseguimento dell’abitabilità: ove detta qualità di fatto manchi, la protezione del conduttore si realizza al livello del mancato rispetto delle qualità che l’immobile oggetto di locazione deve possedere e dunque in termini di vizi della cosa locata ai sensi dell’art. 1578. In caso di mancanza dell’idoneità dell’immobile non ricorrono quindi i presupposti dell’impugnativa per errore ed il conduttore trova protezione nella disciplina della locazione (e dello stesso contratto ove risulti una specifica assunzione di obbligazione da parte del locatore) mediante il rimedio risolutorio ai sensi dell’art. 1578 c.c. (si veda anche Cass. 7 giugno 2011, n. 12286).

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