Danni causati da animali selvatici: responsabilità

Cass. Civ. Ord. 24-09-2018, n. 22525

La responsabilità per i danni causati dalla fauna selvatica è disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all’art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere tale responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui la normativa nazionale e regionale affida in generale il compito di tutela della suddetta fauna.

Invece, occorre la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria.

I primi due motivi del ricorso sono connessi, e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono manifestamente fondati, il che comporta l’assorbimento del terzo motivo.

Il tribunale ha dato correttamente atto che la fattispecie era riconducibile alla generale previsione di cui all’art. 2043 c.c. e non a quella speciale di cui all’art. 2052 c.c. (la sentenza impugnata, sul punto, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte; ex plurimis: Cass. 25 novembre 2005 n. 24895; 24 aprile 2014 n. 9276; 10 novembre 2015 n. 22886), risultando quindi necessaria, ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’ente convenuto, la prova della sussistenza di un comportamento colposo ad esso ascrivibile.

Si è poi però sostanzialmente limitato ad affermare la tardività della contestazione della legittimazione passiva (quale titolarità del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio) da parte della Regione Abruzzo e a rilevare che l’incidente si era verificato senza colpa del conducente del veicolo della parte attrice, riconducendo genericamente la responsabilità della amministrazione convenuta all’omissione di attività di controllo della fauna ed alla mancanza di segnaletica di pericolo sulla strada.

Il giudice di appello si è in altri termini limitato a confermare la sussistenza della legittimazione passiva della Regione, quale titolare del rapporto sostanziale obbligatorio dedotto in giudizio, solo in virtù della ritenuta tardività della relativa contestazione, omettendo di individuare la specifica condotta colposa imputabile a detto ente, in relazione a specifici obblighi gravanti sullo stesso (per la tutela della fauna selvatica ovvero per la tutela della sicurezza del traffico, in base alla legislazione vigente, nazionale e regionale), la cui omissione era in rapporto di causalità con l’evento dannoso.

In tal modo si è però discostato dai principi di diritto sanciti da questa Corte, a Sezioni Unite, in base ai quali “la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicchè spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto; le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotte dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti; la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016, Rv. 638371, 638372 e 638373 – 01; conf.: Sez. 3, Sentenza n. 14652 del 18/07/2016, Rv. 640517 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 15037 del 21/07/2016, Rv. 640745 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30545 del 20/12/2017, Rv. 647184 01).

La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio, affinchè possa procedersi all’accertamento omesso dal giudice del merito in ordine alla effettiva titolarità da parte dell’ente convenuto del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio, e quindi della effettiva sussistenza della sua responsabilità risarcitoria, in applicazione dei principi di diritto già affermati sul punto da questa Corte (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 18955 del 31/07/2017, non massimata: “la responsabilità per i danni causati dalla fauna selvatica è disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non dalle regole di cui all’art. 2052 c.c.; non è quindi possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui la normativa nazionale e regionale affida in generale il compito di tutela della suddetta fauna, occorrendo la puntuale allegazione e la prova, il cui onere spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria”).

image_printStampa