Opposizione allo sfratto e impossibilità a comparire in udienza

Cass. Civ. Ord. 14-02-2018, n. 3629

In caso di opposizione proposta dopo la convalida di licenza o di sfratto ai sensi dell’art. 668 c.p.c., l’impossibilità a comparire dell’intimato (o, se questo si sia costituito, del suo difensore) per forza maggiore può anche dipendere da un malore, purché il giudice di merito accerti, anche avvalendosi delle nozioni di comune esperienza, adeguate per valutare la gravità e gli effetti delle malattie comuni, che tale malore sia stato improvviso ed imprevedibile e che sussista un effettivo nesso di causalità tra lo stato di malattia e la mancata comparizione della parte.

Con il primo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 668 c.p.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti. Inoltre, sempre nell’ambito dello stesso motivo, si deduce il difetto di motivazione.

In sostanza, la ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere non comprovato l’impedimento di salute che le aveva impedito di comparire in udienza, avendo, fra l’altro, omesso di considerare che, alla data di notifica dell’intimazione di pagamento, la P. aveva già saldato i canoni di cui era morosa e quindi non avrebbe avuto alcun interesse a non comparire.

Il motivo è manifestamente infondato.

La valutazione della gravità e della imprevedibilità della malattia che ha impedito all’intimata di comparire all’udienza di convalida dello sfratto, costituisce accertamento di merito non sindacabile in sede di legittimità; conseguentemente, avendo la Corte d’appello ritenuto insussistenti i presupposti per l’opposizione tardiva ai sensi dell’art. 668 c.p.c., correttamente non ha esaminato i motivi di merito sottesi alla stessa.

Infatti, con riguardo ad opposizione proposta dopo la convalida di licenza o di sfratto ai sensi dell’art. 668 c.p.c., l’impossibilità a comparire dell’intimato (o, se questo si sia costituito, del suo difensore) per forza maggiore può anche dipendere da un malore purchè il giudice di merito (con valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivata) accerti, anche avvalendosi delle nozioni di comune esperienza, adeguate per valutare la gravità e gli effetti delle malattie comuni, che tale malore sia stato improvviso ed imprevedibile e che sussista un effettivo nesso di causalità tra lo stato di malattia e la mancata comparizione della parte (Sez. 3, Sentenza n. 10594 del 23/04/2008, Rv. 602928).

Tale verifica è stata compiuta dalla Corte d’appello, che ha anche tenuto conto (pag. 2) del il fatto di cui, invece, secondo la ricorrente sarebbe stato omesso l’esame (ossia la circostanza che costei P. aveva già saldato la morosità). La motivazione sul punto supera certamente il “minimo costituzionale” (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830) ed è quindi incensurabile alla luce del nuovo tenore dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

image_printStampa