Danni successivi alla sentenza di primo grado

Appello domande nuove danni

Cass. Civ. Ord. 20/06/2022, n. 19759

Si possono domandare in appello, purché dipendenti dal titolo fatto valere in primo grado, i danni effettivamente venuti ad esistenza, quali eventi fenomenici, dopo la sentenza di primo grado, in quanto derivati da protrarsi nel tempo, dal rinnovarsi o dal ripetersi dopo la sentenza di primo grado, di un comportamento scorretto del danneggiante già in precedenza a lui addebitato.

Rientrano in tale ambito anche i danni la cui causa abbia attitudine a produrre effetti lesivi, continui e periodici, della stessa natura e intensità di quelli passati, già giudizialmente provati e riconosciuti, restando certa cioè non solo la perduranza della causa efficiente, ma anche la invarianza della situazione di fatto in cui essa ha continuato ad operare in pregiudizio altrui.

Il secondo motivo del ricorso incidentale investe, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., per avere la Corte d’appello liquidato il danno per il periodo che va dalla data della contestazione sino alla data di deposito della sentenza di primo grado, escludendo la spettanza degli ulteriori danni protrattisi dopo tale momento, in ragione del difetto della richiesta dei nocumenti ulteriori in sede di gravame. Ad avviso del controricorrente, la domanda di risarcimento dei danni spiegata aveva, quale innegabile presupposto logico, l’impossibilità di impiegare produttivamente il locale a causa delle lamentate infiltrazioni, con l’effetto che il momento che segna la cessazione del pregiudizio avrebbe dovuto essere identificato nel venir meno del fatto causativo, senza che gravasse sul danneggiato l’onere di ribadirlo in tutti i gradi del giudizio, non trattandosi di danno ulteriore, ma della prosecuzione di quello già denunciato.

La censura è infondata.

Premesso che nel giudizio di legittimità va tenuta distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito, nella fattispecie non si tratta di omesso esame, avendo la Corte di merito accolto la domanda risarcitoria, ritenendo che la pretesa azionata fosse limitata alla sola protrazione del pregiudizio sino alla pronuncia della sentenza di prime cure. Senonché l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, potendo, in sede di legittimità, essere effettuato solo il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 30684 del 21/12/2017; Sez. 3, Sentenza n. 7932 del 18/05/2012).

A fronte di questa limitazione temporale del pregiudizio invocato, gli ulteriori danni protrattisi nel giudizio di gravame avrebbero dovuto costituire oggetto di una specifica richiesta avanzata in appello, il che non è accaduto.

Né la protrazione di detti danni, dopo la pronuncia di prime cure, ne avrebbe impedito il riconoscimento all’esito di una specifica domanda in sede di gravame. Infatti, la tipologia di danni di specie – riconducibili al medesimo illecito – corrisponde proprio a quella per la quale può essere eccezionalmente richiesto in appello il risarcimento, con riferimento ai pregiudizi sofferti dopo la sentenza di primo grado, in quanto l’art. 345 c.p.c., comma 1, presuppone che sia stata avanzata in primo grado una domanda di risarcimento dei danni e che gli ulteriori danni richiesti in appello trovino la loro fonte nella stessa causa e siano della medesima natura di quelli già accertati in primo grado (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 18526 del 04/09/2020; Sez. 3, Sentenza n. 9453 del 18/04/2013; Sez. 3, Sentenza n. 5067 del 03/03/2010).

Segnatamente si possono domandare in appello, sempreché dipendenti dal titolo fatto valere in primo grado, i danni effettivamente venuti ad esistenza, quali eventi fenomenici, dopo la sentenza di primo grado, in quanto derivati da protrarsi nel tempo, dal rinnovarsi o dal ripetersi dopo la sentenza di primo grado, di un comportamento scorretto del danneggiante già in precedenza a lui addebitato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1281 del 29/01/2003; Sez. 3, Sentenza n. 3545 del 05/04/1991). Rientrano in tale ambito anche i danni la cui causa abbia attitudine a produrre effetti lesivi, continui e periodici, della stessa natura e intensità di quelli passati, già giudizialmente provati e riconosciuti, restando certa cioè non solo la perduranza della causa efficiente, ma anche la invarianza della situazione di fatto in cui essa ha continuato ad operare in pregiudizio altrui (Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 18526 del 04/09/2020; Sez. 3, Sentenza n. 9763 del 18/11/1994; Sez. 3, Sentenza n. 4404 del 04/07/1986).

image_printStampa