Assegnazione della casa coniugale attribuita in comodato

Cass. Civ. Ord., 03/07/2018, n. 17332

Il coniuge separato, convivente con la prole minorenne o maggiorenne non autosufficiente ed assegnatario dell’abitazione già attribuita in comodato, che opponga alla richiesta di rilascio del comodante l’esistenza di una destinazione dell’immobile a casa familiare, ha l’onere di provare che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento.

Il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato) ed urgente. Quindi non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d’un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorchè la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 29 settembre 2014, n. 20448, ribadita da altre pronunce successive, hanno affermato, tra l’altro, i seguenti principi: 1) il coniuge separato, convivente con la prole minorenne o maggiorenne non autosufficiente ed assegnatario dell’abitazione già attribuita in comodato, che opponga alla richiesta di rilascio del comodante l’esistenza di una destinazione dell’immobile a casa familiare, ha l’onere di provare che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento; 2) ai sensi dell’art. 1809 c.c., comma 2, il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave ma imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato) ed urgente; ne consegue che non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d’un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorchè la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante.

La successiva sentenza 21 novembre 2014, n. 24838, poi, ha specificato che la destinazione a residenza familiare deve essere positivamente accertata e che, in mancanza, deve essere adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del contratto di comodato.

4.2. La sentenza impugnata non risulta aver fatto buon governo di tali principi. Essa, infatti, da un lato ha affermato che i comodanti non avevano provato il carattere precario del comodato e dall’altro ha aggiunto che l’urgente ed imprevisto bisogno non era stato dimostrato dai medesimi, i quali avevano documentato solo l’esistenza di “patologie correlate all’età e tali da non richiedere un esborso mensile particolarmente elevato”.

Tali affermazioni non resistono alle censure proposte.

Rileva la Corte, infatti, che dovevano essere i comodatari, nella specie, a dimostrare che il contratto fosse stato concluso per esigenze di tutela della famiglia e della prole, esigenze persistenti anche nel momento in cui la richiesta di cessazione del comodato era stata proposta. In secondo luogo, poi, non risulta che la So. abbia contestato che l’immobile del quale si chiede la restituzione fosse l’unico a disposizione dei due odierni ricorrenti; senza contare che l’età avanzata degli stessi, di per sè portatrice di inevitabili problemi di salute e della conseguente necessità di fronteggiare maggiori spese mediche, avrebbe dovuto essere considerata un fattore decisivo, tanto più in considerazione della data risalente del comodato e dell’età dei figli dei convenuti, uno dei quali è ormai maggiorenne. A tutto ciò va aggiunto, infine, l’obbligo di assistenza che grava comunque sui figli in favore dei genitori anziani (art. 433 c.c.) e che non consente di porre sulle spalle di questi ultimi una sorta di onere permanente di contribuzione al mantenimento delle più giovani generazioni.

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