Usucapione della servitù pubblica di passaggio su strada privata

Cass. Civ. Sent. 29-11-2017, n. 28632

Perché si costituisca per usucapione una servitù pubblica di passaggio su una strada privata, devono sussistere contemporaneamente queste condizioni: 1) l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati “uti cives” in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione “uti singuli”, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata; 2) l’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù; 3) il protrarsi dell’uso per il tempo necessario all’usucapione.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico solo in presenza di convenzione tra il proprietario e l’ente pubblico ovvero nel caso in cui l’uso pubblico (per la cui configurazione non è sufficiente l’utilizzazione di fatto da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario che essa sia al servizio della generalità dei cittadini e che la collettività ne faccia autonomamente uso per la circolazione) si sia protratto per il tempo necessario ai fini dell’acquisto per usucapione (Cass., Sez. 2, n. 6401 del 24/03/2005; Sez. 2, n. 9077 del 16/04/2007; Sez. 2, n. 5113 del 26/05/1999).

In particolare, questa Suprema Corte ha precisato che la costituzione di una servitù pubblica per effetto della c.d. “dicatio ad patriam” (consistente nel comportamento del proprietario che, se pur non intenzionalmente diretto a dar vita al diritto di uso pubblico, metta volontariamente, con carattere di continuità e non precariamente, un proprio bene a disposizione della collettività) non può essere desunta dal solo fatto che il proprietario abbia consentito il passaggio pubblico su parte del proprio fondo (Cass., Sez. 2, n. 4597 del 22/03/2012); un’area privata, infatti, può ritenersi assoggettata a servitù pubblica di passaggio, acquistata per usucapione, solo allorchè concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati “uti cives” in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione “uti singuli”, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata; 2) l’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù; 3) il protrarsi per il tempo necessario all’usucapione (Cass., Sez. 2, n. 10772 del 09/07/2003).

Questa Corte ha ancora affermato che, ai fini dell’assoggettamento per usucapione di un’area privata ad una servitù di uso pubblico, è necessario che l’uso risponda alla necessità ed utilità di un insieme di persone, agenti come componenti della collettività, e che sia stato esercitato continuativamente per oltre un ventennio con l’intenzione di agire “uti cives” e disconoscendo il diritto del proprietario (Cass., Sez. 2, n. 11346 del 17/06/2004); ed ha precisato che le servitù di uso pubblico possono essere acquistate mediante il possesso protrattosi per il tempo necessario all’usucapione anche se manchino opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, essendo il requisito dell’apparenza prescritto dall’art. 1061 c.c., soltanto per le servitù prediali (Cass., Sez. Un., n. 20138 del 03/10/2011).

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