Opera viziata e compenso del progettista e del direttore dei lavori

Cass. Civ. Ord. 06/12/2017, n. 29218

In tema di appalto, qualora l’opera sia affetta da vizi e difformità che non ne comportano la totale inutilizzabilità, ed il committente non ne pretenda l’eliminazione diretta da parte dell’esecutore, limitandosi, invece, a chiedere il risarcimento del danno per l’inesatto adempimento, i vizi stessi non escludono il diritto al compenso in capo al progettista ed al direttore dei lavori per l’opera professionale prestata: questo perché la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto.

Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 1460 c.c., si osserva che, come questa Corte ha già affermato, l’architetto, l’ingegnere o il geometra, nell’espletamento dell’attività professionale consistente nell’obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, è debitore di un risultato, essendo il professionista tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico.

Da ciò consegue che l’irrealizzabilità dell’opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, dà luogo ad un inadempimento dell’incarico ed abilita il committente a rifiutare di corrispondere il compenso, avvalendosi dell’eccezione di inadempimento. (Cass. 1214/2017).

Laddove invece, come nel caso di specie, l’opera sia affetta da vizi e difformità che non ne comportano la radicale inutilizzabilità, ed il committente non ne pretenda l’eliminazione diretta da parte dell’esecutore dell’opera, chiedendo invece il risarcimento del danno per l’inesatto adempimento, come detti vizi non escludono il diritto dell’ appaltatore al corrispettivo (Cass. n. 6009/2012), così non escludono neppure il diritto al compenso in capo al progettista ed al direttore dei lavori per l’opera professionale prestata.

L’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., postula infatti la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, in relazione alla oggettiva gravità degli stessi, avuto riguardo all’intero equilibrio del contratto, da valutarsi secondo buona fede (Cass. 2855/2005) onde se l’opera sia stata comunque eseguita, seppure con difetti che non ne escludono l’utilità, il committente ha il diritto al risarcimento del danno, ma non può rifiutare il pagamento del compenso.

Nel contratto d’opera intellettuale, qualora il committente non abbia chiesto al risoluzione per inadempimento, ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene dunque il diritto al corrispettivo della prestazione eseguita, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela (Cass. 6886/2014).

Nel caso di specie, a fronte delle varie prestazioni professionali poste in essere dall’ing. M. in favore dei committenti, come accertato nell’espletata Ctu, l’esistenza dei vizi dell’opera, seppur imputabili al professionista ed idonei a far sorgere a carico del medesimo l’obbligazione risarcitoria, non sono risultati talmente gravi da implicare l’inutilizzabilità dell’opera stessa: non è dunque configurabile un radicale inadempimento dell’obbligazione di risultato a carico del professionista, nè risulta che i committenti chiesero la risoluzione del contratto.

image_printStampa