L’azione di reintegrazione è idonea ad interrompere il possesso ad usucapionem

Cass. Civ. Ord. 02-10-2018, n. 23850

L’azione di reintegrazione è idonea ad interrompere il possesso ad usucapionem. Ad interrompere il possesso non è l’esito positivo o negativo dell’azione, ma la volontà di riacquistare il possesso del bene che si ritiene da altri posseduto illegittimamente, attraverso un’azione giudiziale proposta con atto di citazione o, comunque, da atto valido ad instaurare il giudizio.

La Corte distrettuale ha correttamente ritenuto che l’azione di rivendica dei beni da parte del Comune di Roma (notificata alla M. in data 3.11.1978) abbia interrotto il possesso esercitato dalla parte ricorrente dello stabile de quo.

Questa Corte ha affermato che l’azione di reintegrazione è idonea ad interrompere il possesso ad usucapionem, non rilevando l’esito dell’azione, ma la volontà di riacquistare il possesso mediante un atto valido ad instaurare il giudizio (Cass. n. 18353 del 2013). Invero, in tema di usucapione, alla luce del rinvio fatto dall’art. 1165 cod. civ. all’art. 2943 cod. civ., gli atti interruttivi del possesso, risultano tassativamente elencati e tale efficacia può riconoscersi solo ad atti che comportino, per il possessore, la perdita materiale del potere di fatto sulla cosa, ovvero ad atti giudiziali diretti ad ottenere ope judicis la privazione del possesso nei confronti del possessore usucapiente; sicchè ad interrompere il possesso non è l’esito positivo o negativo dell’azione, ma la volontà di riacquistare il possesso del bene che si ritiene da altri posseduto illegittimamente, attraverso un’azione giudiziale proposta con atto di citazione o, comunque, da atto valido ad instaurare il giudizio (Cass. n. 16234 del 2011; Cass. n. 13625 del 2009).

Non occorreva, dunque, al fine di interrompere il possesso ad usucapionem, una nuova dichiarazione di pubblico interesse dell’esproprio per la realizzazione di una diversa opera pubblica, nè un’occupazione appropriativa.

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