Gli atti interruttivi dell’usucapione

Cass. Civ. Ord. 28-02-2019, n. 6029

In tema di possesso ad usucapionem, con il rinvio fatto dall’art. 1165 all’art. 2943 c.c. la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicché non è consentito attribuire tale efficacia ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacchèé.la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti

Con atto di citazione del 9.10.2011 C.A. evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, B.S., B.C., B.R. e B.T. per sentir dichiarare il suo intervenuto acquisto per usucapione della piena proprietà di un terreno sito in (OMISSIS). L’attore assumeva che il padre C.F. aveva posseduto uti dominus detto terreno per oltre vent’anni e che il possesso, dopo il decesso del genitore avvenuto il (OMISSIS), era continuato in capo ad esso attore.

I convenuti resistevano alla domanda invocando, in via riconvenzionale, l’accertamento della loro proprietà sul bene oggetto di causa.

Espletata l’istruttoria il Tribunale rigettava la domanda principale accogliendo quella riconvenzionale. Secondo il primo giudice poichè Ba.Co., padre dei convenuti, aveva concesso in affitto a C.F., padre dell’attore, il terreno in questione per la durata di dieci anni, almeno sino al 1969 – data di scadenza naturale del rapporto di affitto – alcun possesso valido ad usucapionem poteva configurarsi a vantaggio dell’attore. Nè risultavano, prima o dopo di tale data, atti di interversione compiuti dall’attore o dal suo genitore, mentre – a contrario – la madre dei convenuti aveva pagato il contributo per la guardiania del fondo nel 1983 e i convenuti stessi avevano indicato il terreno oggetto di causa nella denuncia di successione alla loro genitrice, presentata nel 1991. Ad avviso del Tribunale, essendo questo l’ultimo atto interruttivo da considerare, al momento della citazione non era decorso il ventennio utile ad usucapionem.

Interponeva appello avverso detta decisione il C.; i convenuti resistevano al gravame invocando, in via incidentale, la riforma del capo della decisione relativo alle spese, che il primo giudice aveva compensato.

Con la sentenza impugnata, n. 857/2015, la Corte di Appello di Bari respingeva l’appello principale accogliendo quello incidentale e condannava il C. al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. Ad avviso della Corte territoriale, i convenuti avevano manifestato il loro interesse per il bene oggetto di causa mediante una serie di atti (indicati a pag.12 della predetta decisione), l’ultimo dei quali era la denuncia di successione del 1991, a decorrere dalla quale non si era compiuto il ventennio prima della notificazione della citazione introduttiva del giudizio (risalente al 2001).

Propone ricorso per la cassazione di detto provvedimento C.A. affidandosi a sei motivi. Resistono con controricorso B.S., B.C., B.R. e B.T.. Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione
Con il sesto motivo, da esaminare preliminarmente rispetto a tutti gli altri, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1158 c.c. e il difetto di motivazione sul punto della decisione impugnata relativo alla sussistenza, alla data della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio, del possesso ultraventennale utile ad usucapionem. Ad avviso del ricorrente la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere gli atti elencati a pag. 12 della gravata sentenza idonei ad interrompere il possesso, posta la natura tassativa degli atti interruttivi previsti dalla legge e la necessità che essi siano rivolti direttamente nei confronti del possessore.

La doglianza è fondata.

Va invero riaffermato il principio per cui “In tema di possesso ad usucapionem, con il rinvio fatto dall’art. 1165 all’art. 2943 c.c. la legge elenca tassativamente gli atti interruttivi, cosicchè non è consentito attribuire tale efficacia ad atti diversi da quelli stabiliti dalla norma, per quanto con essi si sia inteso manifestare la volontà di conservare il diritto, giacchè la tipicità dei modi di interruzione della prescrizione non ammette equipollenti” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14659 del 27/08/2012, Rv.623921; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16234 del 25/07/2011, Rv.618663 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13625 dell’11/06/2009, Rv.608623).

Ne consegue che la Corte territoriale ha errato nell’attribuire agli atti indicati a pag.12 della decisione impugnata, ed in particolare all’inserimento del bene controverso nella denuncia di successione della madre degli odierni controricorrenti, efficacia interruttiva del possesso valido ad usucapionem.

L’accoglimento del sesto motivo comporta l’assorbimento di tutti gli altri. La sentenza va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, anche per le spese del presente giudizio di Cassazione.

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