Concorrenza sleale e storno di dipendenti

Cass. Civ. Sez. I, 29/12/2017, n. 31203

Perché lo storno dei dipendenti di un’impresa concorrente possa costituire atto di concorrenza sleale, deve sussistere non solo la consapevolezza nel soggetto agente dell’idoneità dell’atto a danneggiare l’altrui impresa, ma anche il c.d. animus nocendi, cioè l’intenzione di ottenere tale risultato. Questo requisito sussiste ogni volta che lo storno sia stato posto in essere con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell’autore l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione ed alla struttura produttiva del concorrente.

Come è stato chiarito da questa Corte, perchè lo storno dei dipendenti di un’impresa concorrente possa costituire atto di concorrenza sleale, sono necessari la consapevolezza nel soggetto agente dell’idoneità dell’atto a danneggiare l’altrui impresa ed altresì l’animus nocendi, cioè l’intenzione di conseguire tale risultato, da ritenersi sussistente ogni volta che lo storno sia stato posto in essere con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell’autore l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione ed alla struttura produttiva del concorrente (Cass. 23 maggio 2008, n. 13424; Cass. 3 luglio 1996, n. 6079; in tema pure Cass. 22 luglio 2004, n. 13658).

D’altro canto, ciò che occorre, per integrare l’animus nocendi, è l’intenzione di danneggiare l’altrui azienda in misura che ecceda il normale pregiudizio che ad ogni imprenditore può derivare dalla perdita dei dipendenti in conseguenza della loro scelta di lavorare presso altra impresa (Cass. 25 luglio 1996, n. 6712; Cass. 3 agosto 1987, n. 6682; cfr. pure Cass. 20 giugno 1996, n. 5718, che ribadisce come ai fini della configurabilità del nominato storno non sia sufficiente la mera consapevolezza, nell’agente, dell’idoneità dell’atto a danneggiare l’altra impresa, essendo vieppiù necessaria l’intenzione di conseguire tale risultato).

L’accertata assenza di riscontri quanto all’utilizzo di metodi contrari alla correttezza professionale nel reclutamento di agenti che prestavano la loro collaborazione presso le ricorrenti preclude, dunque, in diritto, l’affermazione della sussistenza della denunciata condotta di storno.

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