Appalto: corrispettivo per le variazioni in corso d’opera

Cass. Civ. Sez. II, 04/05/2017, n. 10891

Nel contratto di appalto, le variazioni non previste nel progetto e strettamente necessarie, possono essere eseguite dall’appaltatore anche senza la preventiva autorizzazione del committente. In questo caso, tuttavia, se manca l’accordo tra le parti, sarà il Giudice a doverne verificare la necessità e a determinare il corrispettivo delle opere, parametrandolo ai prezzi previsti nel preventivo oppure ai prezzi di mercato correnti.

La giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, ha statuito che la responsabilità dell’appaltatore per i vizi dell’opera sussiste ancorchè tali vizi siano riconducibili ad una condizione posta in essere da un terzo (come nel caso in cui egli sia chiamato ad eseguire un progetto predisposto dal committente), essendo l’appaltatore tenuto verso il committente – per aver assunto un’obbligazione di risultato e non di mezzi – a realizzare l’opera a regola d’arte e rispondendo anche per le condizioni imputabili allo stesso committente o a terzi se, conoscendole o potendole conoscere con l’ordinaria diligenza, non le abbia segnalate all’altra parte, nè abbia adottato gli accorgimenti opportuni per far conseguire il risultato utile, salvo che, in relazione a tale situazione, ottenga un espresso esonero di responsabilità (Cass., Sez. 2, n. 10927 del 18/05/2011). Si è affermato perciò che l’appaltatore, anche laddove si attenga alle previsioni del progetto altrui, può comunque essere ritenuto responsabile per i vizi dell’opera se, nell’eseguire fedelmente il progetto e le indicazioni ricevute, non segnali eventuali carenze ed errori, giacchè la prestazione da lui dovuta implica anche il controllo e la correzione degli eventuali errori del progetto, mentre egli va esente da responsabilità laddove il committente, pur reso edotto delle carenze e degli errori, gli richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o gli ribadisca le indicazioni, in tale ipotesi risultando l’appaltatore stesso ridotto a mero nudus minister, cioè passivo strumento nelle mani del primo, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico (Cass., Sez. 2, n. 1981 del 02/02/2016; Sez. 1, n. 22036 del 17/10/2014; Sez. 2, n. 10927 del 18/05/2011; Sez. 3, n. 12995 del 31/05/2006). Pertanto, ove l’appaltatore non fornisca la prova di aver manifestato al committente il proprio dissenso dalle previsioni progettuali per gli errori in esse contenuti e di essere stato cionondimeno indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo, egli è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, nè l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (Cass., Sez. 2, n. 8016 del 21/05/2012).

In altri termini, l’obbligazione di risultato assunta dall’appaltatore (salvo il caso in cui lo stesso operi quale mero nudus minister) implica che egli osservi comunque i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli e sia obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente, essendo responsabile nei confronti di quest’ultimo per i vizi dell’opera ove le previsioni progettuali siano palesemente errate.

Questo è il senso della previsione di cui all’art. 1160 c.c., secondo cui “Se per l’esecuzione dell’opera a regola d’arte, è necessario apportare variazioni al progetto e le parti non si accordano, spetta al giudice di determinare le variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo”.

Quando si tratti di variazioni al progetto strettamente necessarie alla realizzazione a regola d’arte dell’opera commessa in appalto, deve ritenersi consentito all’appaltatore darvi esecuzione senza preventiva autorizzazione del committente (in tal senso, (Cass., Sez. 1, n. 349 del 29/01/1966). In tal caso, in mancanza di accordo fra le parti, spetterà al giudice accertare la necessità delle variazioni e determinare il corrispettivo di tali lavori, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo ovvero ai prezzi di mercato correnti.

Sul punto va enunciato, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, il seguente principio di diritto:

“In tema di appalto, le variazioni di cui all’art. 1660 c.c., sono quelle non previste nel progetto, ma rese necessarie dall’esecuzione dell’opera; ove si tratti di variazioni strettamente necessarie alla realizzazione a regola d’arte dell’opera commessa in appalto, deve ritenersi consentito all’appaltatore darvi esecuzione senza preventiva autorizzazione del committente, ma in tal caso, in mancanza di accordo fra le parti, spetta al giudice accertare la detta necessità delle variazioni e determinare il corrispettivo delle relative opere, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo ovvero ai prezzi di mercato correnti”.

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