Cass. Civ. Ord., 20/11/2019, n. 30191
In tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti.
Andranno pertanto valutate le rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché la personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione.
Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione o la falsa applicazione dell’art. 337 ter, comma 1 e 2 sul rilievo che il decreto impugnato ha attribuito un significato assolutamente incongruo alla nozione di interesse del minore, disapplicando il criterio, asseritamente enunciato da questa Corte, di privilegiare la collocazione della minore presso la madre, anche a prescindere dalla modifica da parte di quest’ultima del luogo di residenza.
2. Il motivo è inammissibile.
Va preliminarmente osservato che, in tema di affidamento dei figli minori, è orientamento consolidato di questa Corte che il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonchè della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione. (Cass. n. 18817 del 23/09/2015).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha fatto una corretta applicazione del principio sopra enunciato decidendo la collocazione prevalente della minore presso il genitore – il padre – in grado di garantire alla medesima maggiore stabilità, e di darle quel senso di sicurezza e continuità già fortemente minato dalla conflittualità genitoriale. In particolare, sono stati evidenziati come elementi che depongono per la collocazione prevalente presso il padre uno stile educativo più regolativo da parte di quest’ultimo (mentre la madre è più permissiva e distante emotivamente dalla minore) nonchè la presenza costante all’interno dell’agriturismo gestito dal padre (presso cui il padre e la bambina vivono) dei nonni paterni con cui la minore ha un buon rapporto, la zia ed i cugini.
Non vi è dubbio che la valutazione in ordine alla collocazione più idonea della minore – in relazione alla quale l’unico parametro da considerare è rappresentato dall’interesse del minore medesimo spetti al giudice a quo nell’ambito del giudizio di fatto allo stesso riservato, con la conseguenza che le odierne censure della ricorrente si configurano come di mero merito, essendo solo finalizzate a sollecitare una diversa rilettura del materiale probatorio esaminato dai giudici di merito.