Sulla distinzione tra erede e legatario

Cass. Civ. Ord. n. 6125/2020

In tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (“institutio ex re certa”) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni, così che l’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato.

Quanto alla contestazione in merito alla corretta applicazione dell’art. 588 c.c., bisogna innanzitutto ricordare che è consolidato orientamento di questa Corte quello secondo cui, nell’interpretazione del testamento, il giudice di merito, mediante un apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione se congruamente motivato, deve accertare, in conformità al principio enunciato dall’art. 1362 c.c., applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria, quale sia stata l’effettiva volontà del testatore, valutando congiuntamente l’elemento letterale e quello logico ed in omaggio al canone di conservazione del testamento (Cass. n. 24163/2013; 23278/2013). In particolare, l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale, ove il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli ed individuati beni (Cass. n. 23393/2017).

Inoltre (cfr. Cass. n. 24163/2013) in tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (“institutio ex re certa”) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni, così che l’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una o l’altra ipotesi si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in cassazione, se congruamente motivato.

Nella fattispecie emerge che la sentenza gravata nel pervenire all’approdo interpretativo qui contrastato è partita proprio dal tenore letterale delle espressioni usate nell’atto di ultima volontà evidenziando che solo al T. era stata attribuita, oltre ad una quota di un immobile, la generalità di tutti i beni mobili, laddove agli altri soggetti beneficati era stata lasciata solo una quota su singoli beni immobili (cfr. per la possibilità di ricavare un’istituzione di erede ex art. 588 c.c. nel caso in cui ad un soggetto sia attribuita la generalità dei beni mobili, Cass. n. 6516/1986).

A tale dato oggettivo che pur deponeva per la qualità di erede in capo all’attore, la sentenza ha poi correlato le peculiari espressioni riservate al T., e differenti da quelle invece riservate agli altri beneficiati (per i quali valgono le espressioni richiamate nel motivo di parte ricorrente), avendo i giudici di appello rimarcato il differente trattamento riservato anche sul piano del riconoscimento affettivo.

La differente formula utilizzata per il controricorrente rispetto a quella invece usata per tutti gli altri soggetti individuati come meri legatari implica un adeguato apprezzamento anche delle specifiche volontà testamentarie, combinata con il differente trattamento riservato anche sul piano delle assegnazioni successorie di tal che, attesa l’incensurabilità della valutazione resa sul punto dalla Corte d’Appello, risulta evidente come la ricorrenti aspiri ad un’alternativa soluzione, senza che però quella contestata si palesi come assolutamente insostenibile o evidentemente affetta da irragionevolezza.

Ne deriva che anche le circostanze che si assume siano state trascurate da parte del giudice di appello ai fini della qualificazione della posizione del T. appaiono prive del carattere della decisività, rientrando infatti nella discrezionale valutazione dei fatti di causa, la valorizzazione tra i molteplici elementi di carattere probatorio, di quelli che si ritengono risolutivi ai fini della corretta attribuzione della qualità di erede ovvero di legatario.