Responsabilità del commercialista e concorso di colpa del cliente

Cass. Civ. Sent. 14-11-2017, n. 26823

In tema di responsabilità del dottore commercialista, spetta al professionista provare che le sanzioni, irrogate per sua colpa in misura piena al cliente, avrebbero potuto essere applicate in misura ridotta se il cliente avesse tenuto un comportamento ordinariamente diligente.

Afferma il ricorrente che la corte di appello avrebbe violato le disposizioni in tema di onere della prova, ponendo a suo carico quello (che assume impossibile) di fornire la dimostrazione che la società danneggiata aveva effettivamente ricevuto l’avviso bonario che le avrebbe consentito di pagare la sanzione in misura ridotta, e che, comunque, non avrebbe fatto corretta applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, dal momento che, se pure l’avviso in questione non le fosse stato notificato, in base alla disciplina tributaria essa avrebbe potuto impugnare la cartella di pagamento denunciando tale omissione.

La decisione, con riguardo alla distribuzione dell’onere della prova, risulta del tutto conforme all’orientamento consolidato di questa Corte (che il ricorso non contiene motivi idonei a rivedere), secondo il quale “in tema di concorso del fatto colposo del creditore, previsto dall’art. 1227 c.c., comma 2, al giudice del merito è consentito svolgere l’indagine in ordine all’omesso uso dell’ordinaria diligenza da parte del creditore solo se sul punto vi sia stata espressa istanza del debitore, la cui richiesta integra gli estremi di una eccezione in senso proprio, dato che il dedotto comportamento che la legge esige dal creditore costituisce autonomo dovere giuridico, espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede; il debitore deve inoltre fornire la prova che il creditore avrebbe potuto evitare i danni, di cui chiede il risarcimento, usando l’ordinaria diligenza” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15750 del 27/7/2015, Rv. 636176-01; nel medesimo senso: Sez. 1, Sentenza n. 20324 del 15/10/2004, Rv. 577722-01; cfr. anche: Sez. 3, Sentenza n. 14853 del 27/6/2007, Rv. 597845-01; Sez. 2, Sentenza n. 27123 del 19/12/2006, Rv. 594115-01; Sez. L, Sentenza n. 5024 del 08/4/2002, Rv. 553587-01; Sez. 3, Sentenza n. 7025 del 23/5/2001, Rv. 546917-01).

D’altra parte, sempre secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “in tema di risarcimento dei danni, l’accertamento dei presupposti per l’applicabilità della disciplina prevista dall’art. 1227 c.c., comma 2, che esclude il risarcimento con riguardo ai danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, integra un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito, che rimane sottratta al sindacato di legittimità se assistita da congrua motivazione” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 12348 del 28/5/2007, Rv. 596972-01; Sez. 3, Sentenza n. 15231 del 05/7/2007, Rv. 598302-01), mentre, con riguardo all’ulteriore questione della possibile impugnazione della cartella per mancata ricezione dell’avviso bonario, è principio consolidato quello secondo il quale “l’onere di diligenza imposto al creditore dall’art. 1227 c.c., comma 2, non si spinge fino al punto di obbligare quest’ultimo a compiere una attività gravosa o rischiosa, quale la introduzione di un processo” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 14853 del 27/6/2007 (Rv. 597844-01; Sez. 3, Sentenza n. 19139 del 29/9/2005, Rv. 587268-01; Sez. 2, Sentenza n. 7618 del 14/8/1997, Rv. 506789-01).

Va infine osservato, per completezza espositiva, che non possono in alcun modo ritenersi fondate le osservazioni del ricorrente, secondo il quale l’onere di provare l’omessa notificazione dell’avviso bonario avrebbe dovuto essere posto a carico della società danneggiata, essendo per lui impossibile adempiervi. Ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di dimostrare i fatti estintivi, modificati, impeditivi spetta a chi li deduca a fondamento della propria eccezione, e certamente non sarebbe possibile addossare al danneggiato l’onere della prova di un fatto negativo (quale l’omessa ricezione della notifica di un atto, prova questa sì impossibile da fornire in concreto) il quale, in positivo, costituisce invece elemento della fattispecie posta dal danneggiante a fondamento della propria eccezione.